La vita è più forte della guerra.
Newsletter n. 11 - Dichiarazione di vita: trasformare il dolore da nemico a spinta per rinascere.
Partono nuove guerre. Iran. Gaza e Ucraina non finiscono. Il futuro trema.
Ma ogni passo avanti che scegli è una dichiarazione di vita. Anche tra case in fiamme, ospedali distrutti, scuole spezzate, puoi decidere di esserci. Di non mollare.
Non è poesia. È scienza. La mente umana si rialza. La vita è più forte delle bombe.
Si chiama crescita post-traumatica: il 53% delle persone, dopo un trauma grave, cambia e fa crescere qualcosa di nuovo. Non torna indietro. Diventa altro. Lo dicono oltre 400 studi.
Anche vedere la guerra ogni giorno — scrollando immagini, notizie — non spegne tutto. Se trovi un modo per sentirlo, per parlarne, per trasformarlo, il dolore smette di frenarti.
E diventa spinta. È l’inizio di un nuovo coraggio: continuare ad amare. Respirare. Vivere.
#TERAPIA DI GRUPPO
Il dolore parla. Ma non decide.
Ogni giovedì ci incontriamo. Da Hebron, Beit Jala. Collegate con noi, dalla Palestina, vite sotto occupazione. Da sempre. Eppure ci raccontano la vita che scelgono. Con Soleterre stanno aiutando altre persone a vivere.
La crescita post-traumatica è anche questo, sviluppare forza interiore, relazioni più profonde, nuove priorità dopo uno o più traumi gravi. È diversa dalla resilienza: non è tornare come prima, è diventare una persona che prima non c’era.
Anche nel mezzo del disastro. Anche sotto occupazione.
Una rassegna sistematica pubblicata nel Journal of Evidence‑Based Social Work (maggio 2025) ha analizzato 51 studi sulla crescita post-traumatica in bambini e adolescenti colpiti da conflitti armati mostrando che tra il 30 e l’80% dei giovani nelle aree di conflitto manifesta cambiamenti positivi (valori variabili sulla base del contesto culturale) in base alla possibilità di accesso a terapie di supporto psicologico e psichiatrico.
La guerra nasce quando il lutto non viene elaborato e viene proiettato fuori, trasformando il dolore in nemico. In terapia lo facciamo insieme: il dolore si racconta, si nomina, si trasforma. Quando lo attraversi, smette di ucciderti. E inizia a curarti.
Come ha scritto Céline, ferito in Belgio nel 1914: “Mi sono beccato la guerra nella testa. Ma mi sono rialzato. Il fatto è che avevo fame.”
Ecco: la fame di vita è più forte di tutto il resto.
Scrivimi se vuoi partecipare agli incontri di Terapia di gruppo. Sono incontri settimanali, aperti e gratuiti. Dove il dolore parla, ma non decide.
Parlarne non basta. Ma protegge. Parliamone.
#SOTTO PRESSIONE
Disinnesca. Con grazia.
Hai mai pensato che il peso della pressione può farti volare? Sì, volare. Perché non tutto ciò che pesa ti schiaccia. Se impari a spostarti, anche di poco.
A volte basta un piccolo passo. Di lato. Uno solo. Per lasciare che il carico cada nel vuoto, senza travolgerti. Liberando energia.
Spostarsi di poco. Anche solo di pochi centimetri. A volte, è tutto quello che serve per restare in piedi. Non per correre. Ma per avanzare con senso. Con direzione.
La teoria dell’imminenza della predazione (Fanselow, 1994) lo dice chiaramente: quando percepiamo una minaccia, il cervello attiva comportamenti difensivi per uscire dalla situazione il prima possibile. È istinto di sopravvivenza.
Se ti senti schiacciato, non ignorarlo. Fai un passo. Di lato. Stacca. Respira. Esci dal mirino. Anche solo per un attimo. Anche solo di poco. Adesso.
È così che si ricomincia a vivere.
Secondo uno studio del 2023 pubblicato su NPJ Science of Learning, lo stress acuto riduce significativamente l’attività della corteccia prefrontale, compromettendo la memoria di lavoro e la capacità di attenzione concentrata . Queste aree sono cruciali per il pensiero lucido e il decision‑making. Un carico cognitivo prolungato ci espone a stimoli multipli, notifiche costanti e multitasking e comporta confusione, impulsività, deficit di memoria, irritabilità e giudizio compromesso.
Il passo di lato permette una ridefinizione del sé. Può succedere ovunque: al lavoro, mentre studi, nel caos quotidiano. Distaccarsi non è fuggire. È trasformare. Ti metti “fuori dal mondo” e dentro di te.
Una pausa è un atto di ribellione. Che disinnesca con grazia. Contro la guerra fuori — e quella dentro. Se impari a guardarlo leggero, il peso non ti schiaccia.
Ti fa volare.
Lavorate. Cadete. Rialzatevi. Ma non smettete di desiderare. E se il sogno vi stritola, Parliamone.
#NON È COLPA TUA
Anche nei giorni storti.
Il dolore non è un errore. E non è una colpa.
Il senso di colpa è un tentativo di riprendere controllo: “Se è colpa mia, posso evitarlo la prossima volta.” Ma può anche insegnare a riparare. A strappare via il peso della colpa da te o dai tuoi figli. Restituendo coerenza a ciò che è accaduto.
Il dolore è una traccia viva di qualcosa che ha fatto male e che deve ancora essere compreso. È l’amico silenzioso dei giorni storti.
Ma non è mai colpa.
Nelle relazioni più intime — come quelle tra genitori e figli — il dolore può diventare silenzio, conflitto, distanza. Una “guerra” che nasconde una richiesta d’amore mal detta. Un “ti odio” che vuol dire “guardami”. Una porta sbattuta che copre una tempesta senza parole.
Perchè riparare le relazioni fa la differenza?
Perché il bambino impara che l’amore non svanisce con l’errore → e questo aumenta la sicurezza affettiva. Perché apprende che l’emotività si può regolare → e così le relazioni diventano più sane, con una riduzione di ansia e comportamenti disorganizzati. Perché crescere significa anche imparare a riparare da soli → e questo favorisce lo sviluppo emotivo, riduce il rischio di isolamento, ansia e depressione, e protegge da difficoltà relazionali future (Becky Kennedy, 2023).
Perché l’amore non è l’assenza di conflitto.
È la scelta di restare, ogni volta. Per riparare. Anche quando è difficile.
I figli non ricordano chi aveva ragione, ma chi è rimasto vicino anche nei momenti sbagliati.
Se la colpa vi blocca, attraversiamola insieme. Parliamone.